La sesta edizione di “Educare alle differenze” (Pisa, 28 – 29 Settembre 2019) ha messo al centro le narrazioni nelle loro molteplici forme e sfaccettature. Se torna forte l’impegno per la costruzione di un vocabolario comune da non dare mai per scontato, grande peso hanno assunto, nei diversi workshop, le riflessioni sul superamento del binarismo di genere e di una prospettiva eteronormativa. Da qui la necessità di autodefinirsi e la rivendicazione di una presa diretta di parola, perché non avere voce comporta subire una condizione di discriminazione sociale e di invisibilità; e se questo è vero per le persone gender variant un discorso analogo è emerso con forza rispetto alle persone con disabilità costrette a confrontarsi con l’abilismo.

Parlare di narrazioni significa ragionare di autoriflessività: quanto mai fondamentali appaiono il continuo confronto, e se necessario il conflitto, e la ricerca di metodologie, strumenti e pratiche da condividere e ripensare insieme. Si conferma la volontà di mettersi in gioco e in discussione (tanti i giochi di ruolo e di corpi proposti), per riposizionarsi, smuovere e mettere in luce i rapporti di potere (anche quando ci riguardano), prendere consapevolezza. Lo sport, che ha assunto negli anni un peso maggiore nel meeting, si rivela in questo un ambito particolarmente stimolante. Alla decostruzione di modelli stereotipanti si affianca sempre più un approccio costruttivo con proposte operative che nasce spesso dal mondo della scuola e dagli/lle insegnanti, mai come in questa edizione protagonist*, a conferma di una crescita e di una maturazione della Rete. Una scuola che deve essere pensata come un ambiente protetto e accogliente per tutt*, in grado di liberare le parole.

E una narrazione tossica da ripensare è quella attorno alla violenza contro le donne. Diversi i workshop che hanno analizzato le campagne di comunicazione e l’immaginario del corpo femminile proposti da istituzioni e media. In risposta ai dominanti meccanismi di colpevolizzazione centrali sono il lavoro sull’autostima e il consenso e l’impegno a ripartire dai desideri.

Ragionando di narrazioni ancora una volta “Educare alle differenze” ha messo in luce la pluralità dei linguaggi e il potente intreccio di immagini e parole: le storie e gli albi illustrati (e quest’anno molto anche i fumetti!) sono stati protagonisti come spazi per liberare l’immaginario e suggerire a bambini e bambine domande che suscitino altre domande. Non libri “medicina”, ma libri belli che offrano prospettive e punti di vista inediti e non stereotipati.

Infine grande spazio, coerentemente con lo slogan della due giorni pisana “Sull’odio non cresce futuro”, hanno avuto l’analisi e la decostruzione dell’”hate speech” e le riflessioni sul peso delle parole, capaci di ergere muri o costruire ponti.  Il web, i social media e l’uso delle tecnologie sono stati indagati nelle loro potenzialità e nell’uso distorto, ragionando di limiti da porre ma anche di orizzontalità e di un possibile rovesciamento della relazione tra docente e discente. E si è tornati a parlare di strumenti legali di contrasto ai discorsi d’odio e di autodifesa giuridica fuori e dentro le scuole. La risposta più forte è ancora una volta la rete: corpo docente, associazioni, territorio, sono chiamati a fare fronte comune e a darsi sostegno per rispondere ad attacchi e ostracismo e portare avanti con determinazione progetti strutturali, trasversali e a lungo termine, per l’educazione alle differenze.

Narrare le differenze. Una mappa per la sesta edizione di Educare alle differenze