Educare alle differenze nelle scuole di ogni ordine e grado: metodologia e approccio educativo

L’etichetta ‘educazione alle differenze’ viene usata sempre più spesso, sia nei contesti scolastici ed educativi che nel dibattito pubblico sui media, in maniera corretta ed efficace. Quelle che seguono sono alcune caratteristiche importanti per qualificare un intervento di qualità per l’educazione alle differenze. L’abbiamo sviluppato analizzando e valorizzando le decine di buone pratiche che abbiamo incontrato durante i meeting nazionali della Rete EaD negli scorsi cinque anni.

Queste riflessioni che condividiamo, senza alcuna pretesa di esaustività o presunzione, ci auguriamo che possano servire da spunto per orientarsi in questo ambito nel caso si voglia sviluppare un progetto educativo o si debba scegliere un progetto già avviato con cui collaborare nella propria scuola o istituzione.

  1. L’educazione alle differenze non è una ‘materia’ o ‘un tema’, ma un approccio trasversale all’educazione che ha l’obiettivo di fornire degli strumenti critici necessari per decostruire i modelli dominanti legati alle identità di genere, agli orientamenti sessuali, alle provenienze culturali o religiose. Così facendo è uno strumento fondamentale sia per favorire la crescita di adulti/e liberi/e e autodeterminati/e, sia per contrastare fenomeni quali la violenza maschile contro le donne, la segregazione formativa di genere, il bullismo omotransfobico, il razzismo, sia per decostruire gli stereotipi e i modelli sociali che sono l’origine di ogni discriminazione.
  2. Sebbene i singoli progetti o interventi tendano comprensibilmente a concentrarsi su una questione specifica (per esempio la decostruzione degli stereotipi o il contrasto del bullismo omotransfobico) è importante cercare sempre di lavorare in un’ottica intersezionale ovvero prestare attenzione a come le differenze si intersecano nelle biografie di ognuno/a e come questo possa determinare differenti condizioni di disuguaglianza. Per esempio, essere vittima di bullismo omotransfobico è la stessa cosa per un ragazzo/a nativo/a e uno/a migrante? Porsi domande come questa durante la progettazione educativa o l’esecuzione di un intervento ci può permettere di renderlo più efficace e inclusivo.
  3. Un intervento educativo efficace si basa su un approccio ‘decostruttivo’ ovvero utilizza strumenti e metodologie che permettono di accompagnare i/le discenti in una lettura complessa della realtà e delle relazioni. In questa epoca di semplificazioni e ritorno delle dicotomie, l’educazione alle differenze mira invece a fornire strumenti per crescere nella complessità.
  4. Un intervento educativo efficace è basato sui principi dell’educazione non formale ovvero prevede modalità interattive e scambi orizzontali in cui i/le partecipanti (che siano bambine/i, ragazzi/e o adulte/i) sono stimolati a partecipare attivamente a partire dalle loro opinioni ed esperienze.
  5. Un intervento educativo efficace prevede che chi lo conduce (insegnanti, educatori/trici, formatrici/ori) sia disponibile e preparato/a a un costante lavoro riflessivo su di sé per mettere in discussione i propri stessi stereotipi e modelli. Proprio perché non è un tema o una disciplina, l’educazione alle differenze implica la messa in gioco tanto di chi insegna quanto di chi impara.
  6. Per quanto possibile in termini di risorse, un intervento educativo efficace ha bisogno di tempo: la ricorsività degli interventi laboratoriali e lo sviluppo di strumenti per sviluppare pratiche riflessive di lungo periodo tra attori e attrici del mondo scolastico sono elementi molto importanti per costruire consapevolezza e buone pratiche.

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