Maggio 2020. Erano passati otto mesi dall’ultima assemblea plenaria di Educare alle differenze nell’affollata aula magna di una scuola pisana, quando come Rete ci siamo ritrovat* drammaticamente costrett* a rinunciare all’edizione 2020 del meeting nazionale già in programma a Bergamo per settembre. In quel tempo sospeso, che ci immaginavamo certo più circoscritto, fatto di stati d’animo altalenanti, abbiamo pensato molto al contributo che la comunità di Educare alle differenze potesse dare.
Non sappiamo che forma prenderanno la scuola e il mondo di domani. Siamo però convint* che molto dipenderà da come saremo in grado di immaginarli e costruirli insieme, ripensando le nostre forme di vita individuali e collettive, a cominciare dalla cura e dalle relazioni, per arrivare all’ordine economico e produttivo. Condividendo pratiche di equità, autodeterminazione, valorizzazione delle differenze e di ogni tipo di soggettività.
Abbiamo quindi scelto di creare le condizioni che favorissero la possibilità di metterci in ascolto, coinvolgendo, per farlo, il mondo dell’educazione e le diverse figure implicate, per provare a mappare e raccogliere esperienze, metterle in comune e trasformarle in apprendimento condiviso. Abbiamo quindi chiesto di narrare pensieri e pratiche su come si fosse vissuta quella stagione ‘eccezionale’ di scuole e spazi educativi contemporaneamente chiusi e aperti, per iniziare a immaginare insieme come avremmo voluto che fosse ‘la scuola che verrà’, quando questa pandemia fosse stata finalmente alle spalle. Un processo di raccolta che, alla luce del contesto scolastico ed educativo attuale, chiede di riflettere collettivamente sul perdurare dell’eccezionalità della scuola a distanza, sulle sue ricadute sulle biografie delle soggettività che a vario titolo attraversano i contesti educativi, e sugli striscianti meccanismi di ‘normalizzazione’ dell’emergenza. Un lavoro partito dalle esperienze, comuni e plurali, e dai diversi posizionamenti che le hanno prodotte, perché molteplici sono le condizioni e le caratteristiche individuali e contestuali che fanno sì che un’esperienza impatti e venga percepita diversamente da persone differenti, che determini agio o meno, che determini forme di esclusione.
Abbiamo provato a innescare un processo di ricerca e messa in comune che interrogasse il mondo della scuola a partire dalle questioni che più stanno a cuore alla comunità di Educare alle Differenze: i corpi, i generi, le relazioni, le norme, gli stereotipi, l’affettività, l’intersezione di posizionamenti identitari e gerarchici, la violenza maschile contro le donne, i bullismi, l’abilismo… L’obiettivo finale era, e rimane, favorire un esercizio di immaginazione collettiva per uscire dalla frustrazione dell’oggi, fare tesoro delle buone pratiche, ma anche degli errori, per rilanciare il futuro della scuola pubblica.
Un questionario, dunque, con domande aperte che prevedevano la possibilità di utilizzare linguaggi differenti per raccontarsi, dalle parole alle immagini, fino a contributi video; a cui hanno partecipato 77 persone, la maggior parte delle quali attive nel mondo della scuola, sia come insegnanti che come assistenti educatrici.
77 risposte, complesse, ricche, articolate, che sono state analizzate da un eterogeneo gruppo di lavoro, composto da persone che fanno parte di Educare alle Differenze e che provengono da percorsi associativi differenti per campi di lavoro e interesse. Tutte, però, accomunate dall’assumere la prospettiva di genere e l’educazione alle differenze come lente e posizionamento da cui leggere il materiale raccolto e le proprie pratiche professionali e formative.
Da una prima analisi ricorsiva e condivisa delle risposte, alcune tematiche si sono immediatamente proposte come urgenti ai nostri occhi.
In primis l’ambivalenza con cui è stato vissuto il periodo della scuola a distanza, che ha prodotto ostacoli alla relazione, offerto spazi di intimità e di approcci più individualizzati, ansia da valutazione e opportunità di sperimentarsi e di sperimentare nuovi posizionamenti, presenza delle famiglie diverse e solidali, quanto ingombranti e ingerenti.
Dal lavoro di analisi emerge come la complessità dei vissuti e degli stati d’animo tenda a polarizzarsi, amplificando le dicotomiche contrapposizioni mente-corpo, vicinanza-lontananza, presenza-assenza, dentro-fuori la norma.
Corpi e generi sono percepiti come assenti, silenziati e invisibilizzati, mentre si amplifica l’impatto delle differenze economiche e sociali, e delle fragilità familiari nella partecipazione e nella disponibilità di spazi e strumenti. Lo schermo consente di celarsi agli sguardi, di ridisegnare la propria rappresentazione, ma anche di lasciar cadere maschere faticosamente sostenute nel tempo all’interno dello spazio performante della classe. Sollievo, protezione, pressione e oppressione coesistono e si scalzano costantemente. Il tempo si dilata, lento, fino al suo sfilacciamento, alla mancanza di sostegno in cui le routine rappresentano un’ancora cui aggrapparsi. Un tempo “violento” che chiede impegno per essere risignificato e rimodulato. La comunità e il territorio entrano in classe dalle webcam, le case mostrano i segni di differenze di classe e culturali, diverse forme di relazione, configurazioni familiari e reti affettive fanno capolino. La luce che si illumina sopra il monitor rappresenta uno strappo nel proprio privato e una forzata condivisione della sfera personale, mentre illumina dinamiche di violenza maschile e di sopraffazione domestica, insieme alla responsabilità che ha la scuola nel tutelare la propria comunità di riferimento e nell’offrire supporto per percorsi di fuoriuscita.
Un lavoro di analisi che ha permesso l’emersione, dal materiale raccolto, di cinque temi; e che ha reso il questionare pratica e strumento principale del gruppo di lavoro. Ed è proprio l’esercizio del domandare che viene riproposto nei cinque manifesti, uno per ogni tematica, che compongono la nuova campagna grafica di Educare alle Differenze. Cinque manifesti, per cinque domande aperte.
La tensione che ha guidato il nostro lavoro di analisi (ma anche la nostra pratica educativa e riflessiva) e che guida, come un filo rosso difficilmente scioglibile, l’intera campagna, è il prendere atto, e insieme rivendicare, la complessità, in tutta la sua contraddittorietà. Complessità e contraddittorietà che la situazione storica attuale, e il mondo della scuola, ha contribuito a rendere visibile.
Una contraddittorietà non addomesticabile, ma da far esplodere, che rispecchia la nostra idea di Educazione alle Differenze. Una contraddittorietà che rimette al centro la complessità di un’educazione che riconosce, nomina, visibilizza e valorizza le differenze; che nel contrasto a ogni forma di discriminazione rivendica le pratiche di autodeterminazione, posizionamento, visibilizzazione e legittimazione di soggettività e collettività storicamente, e ancora oggi, oppress*, marginalizzat*, stigmatizzat* sulla base di genere, orientamento sessuale, provenienze geografico-culturali, classe, abilità. Riconoscendo e assumendo quella tensione costante tra soggettività e molteplicità, che alla risposta semplice e perentoria, sostituisce la forza e la fatica del domandare. E del farlo insieme.
Per guardare alla scuola di ieri e immaginare la scuola di domani: una scuola aperta, perché in relazione e dialogo con le differenti agenzie educative, e perché permeabile alla dimensione naturale, non oggetto da possedere e studiare, ma luogo da esplorare. Una scuola non più schiacciata sulla gerarchica dicotomia mente/corpo, ma che riconosce il valore delle esperienze, e della dimensione laboratoriale, come spazi di riflessività e apprendimento. Una scuola che dei, e dai, corpi non prescinda. Una scuola come luogo privilegiato in cui praticare libertà, capace di vedere, nominare e dar visibilità alle differenti soggettività e alle loro specifiche voci; che all’ansia dei programmi sostituisca il piacere e il desiderio di promuovere agio e benessere, per tutt* e per ognun*.
Mentre lavoriamo per costruire in una forma inedita la prossima edizione del meeting nazionale per settembre a Bergamo, vi invitiamo a seguire e a condividere la nuova campagna di comunicazione in cui abbiamo provato a dare forma e a interrogare la complessità, facendone esplodere le contraddizioni.