Sono passati 3 mesi dalla presentazione nel mese di marzo della bozza delle Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione, documento che ha generato da subito un movimento di forte denuncia da parte del mondo della scuola. Organizzazioni professionali e sindacali, associazioni socio-culturali, singole persone esperte, docenti e parte dell’accademia hanno, infatti, dato vita ad una ricca e articolata opposizione fatta di solide argomentazioni politiche, culturali, pedagogiche e didattiche e di una decisa resistenza alla sua applicazione.

Come Educare alle differenze abbiamo immediatamente segnalato che l’operazione ministeriale è un vero e proprio attacco che vuole imporre un modello autoritario e prescrittivo in cui il processo di insegnamento-apprendimento è visto come un travaso di nozioni. Un modello che si fonda su un approccio razzista, abilista, essenzialista, classista e sessista che vuole reprimere il dissenso e trasformare il privilegio in merito.

In questi tre mesi al mondo professionale e culturale della scuola e della ricerca è stato chiaro che con le Nuove Indicazioni si vuole condurre un’operazione ideologica che mina alla base la scuola pubblica come costruttrice di cittadinanza, di consapevolezza, di senso critico, di partecipazione di spazio di espressione, dialogo e valorizzazione delle differenze. È stato chiaro che si vuole colpire l’autonomia della scuola pubblica, svilire il valore della collegialità e minacciare il principio costituzionale della libertà di insegnamento.

In questo panorama di mobilitazione di base, l’11 giugno sul sito del Ministero compare il documento ufficiale: la bozza delle nuove Indicazioni inviata al CSPI.

Cosa è cambiato?

Ad una prima lettura, salta all’occhio che ci si trova dinnanzi ad un testo più asciutto (perde circa 50 pagine) e questa operazione di snellimento passa, innanzitutto, dall’eliminazione della sezione denominata “Traiettorie per l’innovazione”, che era del tutto incoerente con i principi costituzionali e normativi in materia di autonomia scolastica e di professionalità docente, mettendo a riparo il testo da richieste di abrogazione a partire da una sua illegittimità costituzionale.

I cambiamenti, quindi, ci sono ed hanno un loro peso politico e culturale.

Quello che resta fermo è l’impianto centralistico e regressivo del testo che da subito è stato criticato e che continua a rendere inemendabili e, dunque, da respingere le Nuove Indicazioni.

Rimane, infatti, l’eccessivo riferimento al principio della personalizzazione, che è aggravato dal fatto che non è mai citato quello dell’individualizzazione che è un dispositivo complementare, cardine pedagogico di una visione inclusiva di scuola e garanzia per tutt* e per ciascun* del raggiungimento delle competenze culturali, imprescindibile per l’esercizio intenzionale e consapevole della cittadinanza.

Resta, inoltre, la separazione fra gli ambiti di azione della scuola (istruzione) e della famiglia (educazione), trasformando di fatto quella che dovrebbe essere un’alleanza in un patto che delimita le rispettive sfere di competenza.

Si continua ad intendere il curricolo formale come area di pertinenza delle Indicazioni Nazionali invece che come spazio di elaborazione dei singoli istituti, come coerentemente dovrebbe conseguire in relazione al principio costituzionale della libertà di insegnamento e all’autonomia scolastica.

Per quanto riguarda le discipline, solo per fare qualche incompleto riferimento a ciò che resta e che è stato oggetto di accese polemiche, citiamo il latino facoltativo, lo studio della Bibbia alla primaria, l’ossessione per le regole grammaticali e l’ortografia, l’eccessivo riferimento all’utilizzo degli strumenti digitali, la visione occidentalocentrica della storia.

Non cambia l’impianto gerarchico, individualista e competitivo, l’ossessione per le regole e la visione contenutistica e nozionistica dell’apprendimento.

Insomma, l’orientamento culturale generale della Nuove indicazioni tende ancora a sovvertire una visione di scuola inclusiva, coerente con i principi costituzionali.

Questo certo lascia sgomenti, provoca indignazione, rabbia, ma non stupisce. Non stupisce perché non viene da solo, ma si inserisce in un panorama di repressione che con provvedimenti, disegni di legge e decreti vari tende a reprimere il dissenso, alimentare le divisioni sociali e la paura del nemico, nel mondo della scuola e non solo.

Ma se è chiaro quale è il disegno generale, non è chiaro quali sono i margini di autonomia e di azione di docenti e scuole che non vorranno obbedire al diktat che le Nuove Indicazioni vogliono imporre.

Noi ci impegneremo perché l’attenzione resti alta e la nostra mobilitazione dal basso continui.

Crediamo che la scuola abbia bisogno di tutta la cittadinanza che crede in un processo di educazione/istruzione che non selezioni, non crei segregazione, non si limiti a certificare destini già segnati alla nascita, ma sia luogo di emancipazione e crescita.

Costruire argini e alternative di socialità di pensiero e d’azione all’onda nera che sta investendo la scuola è una responsabilità pedagogica ed un dovere civile che ci riguarda.

Modifiche alla bozza delle Nuove Indicazioni per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione