Camera dei Deputati – VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione
Memorie della rete nazionale “Educare alle differenze”

1. Chi siamo

Educare alle differenze è una rete di 15 associazioni attive su tutto il territorio nazionale. Dal 2014 promuove una scuola pubblica, laica e inclusiva attraverso attività di formazione e  ricerca, campagne di comunicazione ed eventi di sensibilizzazione.

Siamo la più grande rete italiana che si occupa di educazione in un’ottica di genere,  progetta interventi di educazione sessuo-affettiva e realizza programmi educativi  per la decostruzione degli stereotipi di genere, il contrasto alla violenza maschile contro le donne, ai bullismi e alle discriminazioni rivolti alle scuole di ogni ordine e grado.

La nostra azione si fonda sull’esperienza diretta nelle scuole, sulla co-progettazione con le comunità e sull’ascolto attivo delle nuove generazioni attraverso il lavoro quotidiano che le organizzazioni componenti della rete svolgono nei territori.

In oltre dieci anni abbiamo incontrato migliaia di docenti, famiglie, studenti, consultori, centri antiviolenza, persone del mondo dell’attivismo e figure professionali operanti nel sociale, contribuendo alla crescita di una comunità educante diffusa e plurale, che  si fonda sulla differenza come valore e risorsa, non come problema o minaccia, capace di costruire opportunità e cittadinanza fin dalla primissima età, inclusione e uguaglianza come  antidoti a pregiudizi, discriminazioni e violenze.

Educare alle differenze ha condotto decine di corsi di formazione dedicati alle scuole di ogni ordine e grado, per decostruire gli stereotipi alla base di ogni forma di violenza, bullismo, sessismo, razzismo, abilismo attraverso metodologie educative all’avanguardia. Oltre all’intervento diretto nelle scuole svolge attività di studio e ricerca per sistematizzare e rendere disponibile le conoscenze apprese nel lavoro di comunità. L’ultima pubblicazione  è “Che fare? Tutto quello che avresti voluto sapere per contrastare le violenze di/del genere a scuola”, delle linee guida per il contrasto alle violenze rivolte al personale scolastico, reso disponibile gratuitamente sul nostro sito e già scaricato da più di 5 mila insegnanti.

2. Premessa sui bisogni rilevati

Nelle scuole italiane emergono quotidianamente bisogni educativi profondi e urgenti. Insegnanti e personale educativo lavorano in contesti sempre più complessi, segnati da vissuti familiari discontinui, da una crescente sofferenza psichica delle persone adolescenti, da una crescente solitudine relazionale e difficoltà nella gestione delle emozioni.

A questo si affianca un dato ancora più grave: la diffusione, anche tra le persone giovanissime, di comportamenti sessisti e violenti, offline e online. Le ricerche condotte negli ultimi anni da Save The Children e dalla Fondazione Libellula su campioni rappresentativi di adolescenti tra i 14 e i 19 anni ci dicono non solo che i casi di violenza di genere, anche digitale, si moltiplicano tra la popolazione studentesca, ma anche che è una generazione che cresce senza strumenti per riconoscere il consenso, elaborare un rifiuto, costruire relazioni paritarie. I femminicidi che scuotono l’opinione pubblica non sono episodi isolati, ma l’esito estremo di una cultura che non viene mai davvero scardinata nei suoi fondamenti. E la scuola, che potrebbe essere il luogo per scardinare questa cultura, non può assolvere questo compito perché lasciata sola o, come si prefigura con il Ddl C. 2423, imbavagliata.

In questo quadro, le priorità educative sono evidenti: servono risorse, formazione, tempo e libertà per costruire percorsi su affettività, sessualità, emozioni, identità e consenso. Serve una scuola che non educhi alla paura, ma alla consapevolezza. Che non rafforzi stereotipi, ma promuova l’autodeterminazione e il rispetto delle differenze

3. Analisi critica del DDL C. 2423

Le proposte di legge in esame ignorano lo scenario che abbiamo appena descritto. L’obbligo del consenso informato per ogni intervento su temi legati all’identità, al corpo, alla sessualità o alle relazioni ha un solo effetto: impedire alla scuola di svolgere il ruolo di prevenzione e contrasto fare educazione. Trasforma i genitori in censori, mette in discussione l’autonomia scolastica e delegittima anni di lavoro professionale e territoriale portato avanti da insegnanti e associazioni competenti.

Il disegno di legge introduce l’obbligo di consenso preventivo delle famiglie per attività educative che riguardano l’educazione affettiva e sessuale, la cittadinanza, la salute e il contrasto alle discriminazioni. Una misura che, se approvata, comprometterebbe l’autonomia didattica e progettuale delle scuole (legge Bassanini), mettendo in discussione i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione, come la libertà di insegnamento (art. 33),  il ruolo pubblico e pluralista dell’istruzione e contrasterebbe con l’ordinamento scolastico vigente che istituisce e regolamenta con i Decreti delegati  (DPR 31 maggio n. 416. 417, 418 e 419) gli spazi e i tempi della collaborazione scuola famiglia attraverso gli organi collegiali.

Questo approccio si pone in evidente contraddizione con le raccomandazioni di istituzioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’UNESCO e il Parlamento Europeo, che promuovono una visione dell’educazione sessuale e affettiva fondata su evidenze scientifiche, diritti umani e pari opportunità.

Secondo le “Standard per l’educazione sessuale in Europa” (OMS, BZgA, 2010), l’educazione sessuale deve:

  • iniziare dalla prima infanzia e proseguire in modo graduale;
  • essere centrata sullo sviluppo del benessere individuale e relazionale;fornire informazioni scientificamente corrette e aggiornate;
  • favorire il rispetto per le diversità, l’autodeterminazione e la parità di genere;
  • includere competenze emotive e relazionali, come empatia, capacità di comunicazione e gestione del consenso.

L’UNESCO, nel documento International Technical Guidance on Sexuality Education (2018), parla di  Comprehensive Sexuality Education (CSE) :

  • basata sui diritti umani e sull’uguaglianza di genere;
  • culturalmente consapevole e contestualmente rilevante;
  • in grado di rafforzare la capacità di prendere decisioni informate, sicure e responsabili;
  • progettata per contrastare stereotipi e pregiudizi, promuovendo la cittadinanza attiva e la salute pubblica.

Il Parlamento Europeo, nella risoluzione del 2023 “Sexual and reproductive health and rights in the EU”, invita gli Stati membri a:

  • garantire un’educazione sessuale obbligatoria, accessibile e basata sull’evidenza;
  • contrastare la disinformazione promossa da movimenti no-gender e no-choice;
  • proteggere l’autonomia delle istituzioni scolastiche nel fornire questi percorsi.

Stante questo quadro internazionale, l’educazione sessuo-affettiva non può essere considerata una questione  “etica” opzionale da sottoporre al consenso familiare, ma deve essere  riconosciuta come un diritto educativo universale, uno strumento di prevenzione della violenza maschile contro le donne e della violenza di genere, e di promozione della salute e dell’uguaglianza.

Le proposte di legge italiane che introducono vincoli ideologici e autorizzazioni preventive si pongono quindi non solo in contrasto con i bisogni educativi espressi quotidianamente nelle scuole, ma anche con gli standard internazionali a cui l’Italia dovrebbe conformarsi in quanto Stato membro dell’UE e dell’OMS.

Aggiungiamo inoltre che a pagare lo scotto più alto di  questa forma di censura preventiva su temi considerati “sensibili” sarebbero soprattutto le persone studenti e insegnanti appartenenti alla comunità  LGBTQI+ e le famiglie arcobaleno ed i loro figli/e. Non si tratta di minoranze , però ma di parti vive della comunità scolastica, che già oggi trovano faticosamente spazio, voce e riconoscimento dei propri diritti.

L’introduzione del consenso familiare come filtro su questi contenuti comporterebbe anche un grave rischio per le collaborazioni tra scuola e società civile: le associazioni esperte e qualificate, come quelle della nostra rete, così come i centri antiviolenza, verrebbero escluse da percorsi educativi essenziali, ostacolando interventi di prevenzione della violenza maschile contro le donne, del bullismo e della discriminazione.

4. Collegamento con le PDL C. 2271 e C. 2278

Le proposte Amorese e Sasso si inseriscono nello stesso impianto ideologico del DDL 2423, condividendone l’obiettivo di riportare sotto controllo autoritario contenuti e pratiche educative.

La proposta Sasso  riduce l’autonomia delle scuole impedendole di dotarsi di un regolamento proprio per quanto concerne l’attivazione delle carriere alias e limitando la possibilità di richiesta solo a quelle persone che hanno avviato la procedura di riassegnazione del sesso/genere. La necessità di produrre la documentazione attestante l’avvio della procedura e la richiesta del consenso delle famiglie, lede la volontà di autodeterminazione delle persone adolescenti. Il presunto vuoto normativo che la proposta di legge dice di voler colmare è un pieno di protocolli ed esperienze maturate nel concreto delle scuole per garantire benessere e agio della popolazione studentesca.

Il comma 6 e 7 vietano attività didattiche e progetti e pongono in essere una vera e propria censura nel percorso scolastico italiano relativa a identità di genere, sessualità e orientamenti ledendo il diritto allo studio e il diritto a ricevere un’educazione sessuo-affettiva scientificamente fondata fin dall’infanzia. Inoltre equiparerebbe l’Italia a paesi dai regimi illiberali e repressivi nella misura in cui agirebbero discriminazioni in aperto contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Nella proposta Amorese si dispongo atti quali il divieto di utilizzare i servizi igienici e gli spogliatoi delle palestre secondo il proprio genere d’elezione che provocherebbero disagio e sofferenze alla popolazione studentesca e renderebbero lo spazio scolastico escludente e selettivo.

In entrambe le proposte si richiede di istituire una sezione specifica del PTOF denominata “attività sensibili riguardanti la sfera personali”: tale denominazione è volutamente ambigua e soprattutto impropria rispetto alla natura del documento di pianificazione  e alla struttura della scuola italiana che dispone i propri curricula esplicitando competenze, abilità e conoscenze e non  contenuti. La scuola rappresenta l’istituzione che realizza un progetto di educazione pubblica e quindi in tal senso ha piena facoltà di declinare la propria azione in ambito educativo. Anche in questo caso segnaliamo un’aperta contraddizione con il principio della libertà d’insegnamento (art. 33 Costituzione)  e con l’autonomia scolastica (Legge 59 1997 e seguenti).

5. Le nostre richieste

Alla luce di queste considerazioni, chiediamo che la Commissione respinga con fermezza il DDL 2423 e le proposte collegate. In alternativa a un’educazione fondata su controllo e sospetto, proponiamo di rafforzare una scuola capace di accogliere le complessità del presente, attraverso:

  • la promozione di un’educazione affettiva e sessuale laica, plurale, competente e accessibile, come diritto educativo universale, non come concessione vincolata al giudizio delle famiglie;
  • il sostegno all’autonomia scolastica e alla libertà di insegnamento, riconoscendo il ruolo professionale e competente di chi lavora nella scuola;
  • il riconoscimento del valore delle esperienze e delle competenze delle associazioni e realtà educative che collaborano con la scuola per costruire percorsi inclusivi e di prevenzione delle violenze;
  • un investimento concreto in formazione continua, strumenti e risorse, per dare risposte efficaci e democratiche ai bisogni educativi emergenti.

Crediamo che la scuola pubblica sia un presidio democratico, e che vada sostenuta nei suoi compiti educativi, non sorvegliata o sottoposta a controllo ideologico. La pluralità, il confronto, il riconoscimento delle differenze sono strumenti fondamentali per costruire una società più giusta, e la scuola ne è il primo laboratorio quotidiano.

Memoria sul DDL C. 2423 e connessi (C. 2271, C. 2278)