Articolo della Rete Educare alle differenze sul Domani – 20 giugno 2025
Gli obiettivi ideologici della libertà educativa promossa dal governo sembrano minare l’autonomia scolastica. In bilico la possibilità di instaurare percorsi di prevenzione alle violenze di genere di educazione sessuo-affettiva. L’antidoto? Continuare ad agire.
In commissione cultura alla Camera è stato presentato il disegno di legge Valditara sul consenso informato preventivo delle famiglie per le attività scolastiche che trattano tematiche legate alla sessualità. Il provvedimento, frutto della risoluzione anti-ideologia gender approvata a settembre 2024, rappresenta secondo la Lega «un importante passo avanti nella difesa della libertà educativa delle famiglie».
Quale libertà educativa?
Libertà educativa è ultimamente una locuzione molto usata dal governo, nutrita di contenuti e obiettivi tutti ideologici: l’odio verso una scuola laica e plurale, il terrore per la libertà d’insegnamento, il disprezzo per i percorsi scolastici di prevenzione alle violenze di genere di educazione sessuo-affettiva.
Non è una posizione isolata: si colloca dentro una precisa intenzione eversiva che segue l’agenda internazionale del movimento no-gender, perfettamente integrato nel governo Meloni. Valditara, depositario del Ddl, e Sasso, che del Ddl annuncia emendamenti a propria firma, perseguono il preciso mandato di minare l’autonomia della scuola, cancellarne la laicità e impedirne l’azione trasformativa della società.
Veri e propri punti nell’agenda dell’internazionale nera no choice che agiscono anche in Ungheria, Russia, Stati Uniti. Nel Ddl Valditara si prescrive l’obbligo di illustrare dettagliatamente argomenti, temi, metodi e materiali alle famiglie, abilitandole a una censura preventiva sul materiale didattico utilizzato e sui contributi esterni. Il tutto in palese contraddizione con la libertà insegnamento e l’autonomia scolastica.
A fondamento di tanta furia distruttiva sta il presunto primato educativo della famiglia: quella bianca, borghese, fondata sul matrimonio eterosessuale. Nel Ddl viene inserito l’obbligo per le scuole di provvedere allo svolgimento di attività formative destinate a chi non acconsente alla partecipazione ad attività concernenti i temi della sessualità e loro connessi, aprendo dunque a un campo illimitato di azione per la componente parentale e aggiungendo grandissime difficoltà alla realizzazione di qualsiasi attività o progetto.
Tutto ciò scoraggerà nei fatti le singole scuole dall’imbarcarsi in proposte progettuali di questo tipo: lungi dal rendere più agibile il percorso di affrancamento dalla violenza di genere, questo Ddl ne ostacolerà ideologicamente e soprattutto fattivamente la realizzazione.
Non stupisca la contraddizione, solo apparente, con la produzione legislativa in materia di violenza contro le donne: il ministro Valditara sfrutta continuamente gli episodi di violenza e femminicidio per riempirsi la bocca di parole inutili e dichiarare la fine del patriarcato, per poi non mettere in campo nessun impegno concreto e finanziario, nessuna azione specifica. Parla di una rassicurante educazione al rispetto, però fermamente vieta la principale forma di prevenzione alla violenza di genere che conosciamo: l’educazione sessuo-affettiva.
La violenza non viene così riconosciuta come un fenomeno sistematico e strutturale, ma viene affrontata come problema individuale, separando la violenza maschile contro le donne dalla violenza omolesbobitransfobica, da quella abilista e razzista, da quella neocoloniale, semantica e istituzionale che invece proprio il ministero dell’Istruzione e del Merito pratica ad ampie mani, come si evince dalle nuove indicazioni nazionali o come si riconosce nella nomina a Terragni come garante dell’infanzia, a suggello del patto tra ultradestra e mondi trans escludenti.
In questi mesi però il mondo della scuola e le comunità educanti sono insorti contro questo attacco frontale: in tutto il paese si sono moltiplicati incontri, assemblee, dibattiti, workshop di autotutela e pratiche di disseminazione. Un ampio fronte della protesta si va organizzando sotto la sigla della Rete per la scuola pubblica; anche la prossima edizione del meeting di Educare alle Differenze, che si terrà a Padova il 27 e 28 settembre, è intitolata “Liber* di dissentire”.
La violenza non viene così riconosciuta come un fenomeno sistematico e strutturale, ma viene affrontata come problema individuale, separando la violenza maschile contro le donne dalla violenza omolesbobitransfobica, da quella abilista e razzista, da quella neocoloniale, semantica e istituzionale che invece proprio il ministero dell’Istruzione e del Merito pratica ad ampie mani, come si evince dalle nuove indicazioni nazionali o come si riconosce nella nomina a Terragni come garante dell’infanzia, a suggello del patto tra ultradestra e mondi trans escludenti.
In questi mesi però il mondo della scuola e le comunità educanti sono insorti contro questo attacco frontale: in tutto il paese si sono moltiplicati incontri, assemblee, dibattiti, workshop di autotutela e pratiche di disseminazione. Un ampio fronte della protesta si va organizzando sotto la sigla della Rete per la scuola pubblica; anche la prossima edizione del meeting di Educare alle Differenze, che si terrà a Padova il 27 e 28 settembre, è intitolata “Liber* di dissentire”.